Mutilazioni genitali femminili: il Sudan dice stop

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Ogni anno nel mondo circa 200 milioni di donne e bambine sono vittime della mutilazione genitale femminile, pratica diffusa principalmente in Africa, Medio Oriente, parte dell’Asia e persino in paesi geograficamente e culturalmente più vicini a noi: nella stessa Italia, ad esempio, data la migrazione di comunità provenienti da quelle regioni.

Questa cruenta pratica, nonostante sia illegale nella maggior parte degli stati, trova spiegazione nella religione (sebbene la sua origine risalga a prima della nascita delle religioni attualmente più diffuse in quelle zone) e nella tradizione; non a caso viene perpetrata in paesi in cui vige il patriarcato ed è spesso collegata a ideali di purezza e bellezza della donna. Essa consiste nella mutilazione di parti geniali femminili senza anestetici vari, attraverso l’uso di lamette, forbici e qualsivoglia oggetto tagliente a disposizione, provocando oltre le atroci sofferenze e conseguenze, la morte della donna.

Il fattore più agghiacciante però è che la mutilazione viene praticata da donne nei confronti di altre donne, asportando nella maggior parte dei casi (secondo l’OMS esistono quattro tipi di MGF) la clitoride (vista come segno genitale maschile) con il fine di rivendicare l’appartenenza al genere femminile.

Potrete benissimo immaginare le conseguenze psicologiche e fisiche di tutto ciò.

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Nel 1993 nella Conferenza di Vienna viene riconosciuta universalmente come una pratica che viola i diritti umani, ciononostante è ancora attuata in molti paesi ma, per fortuna, sembra destinata ad estinguersi in via definitiva.

Il 2 maggio 2020 la mutilazione genitale femminile viene dichiarata reato in Sudan, perseguibile con pene fino a 3 anni di reclusione.

Pena poco severa secondo la nostra cultura? Probabilmente sì.

La tradizione è quel “quid” in più che tutti ereditiamo ed ha origini antiche, ma con il tempo, gli studi e la consapevolezza che si raggiunge è giusto che anche questa cambi, migliorando.

Siamo arrivati sulla Luna, dovrebbe essere ormai un dogma l’uguaglianza dei sessi. Il passo indietro del Sudan su questa tradizione è, per rimanere in tema: “Un piccolo passo per l’uomo, un grande balzo per l’umanità”.

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Sperando che sia solo l’inizio e che in breve tempo tutti gli altri paesi seguano il Sudan sulla scia di tale forte e significativo gesto, concludo con un proverbio africano:

“La pioggia non cade su un tetto solo”.

Ripariamoci a vicenda.

Articolo di Riccardo Torregiani

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