Per tanto, forse troppo tempo, come dice l’ONU, il tema della sostenibilità sociale è stato fortemente ignorato. Forse la colpa non è di nessuno; le emergenze economico-finanziarie e ambientali erano talmente impellenti da non dar tempo per considerare ciò che stava accadendo all’interno della società. Oggi la situazione geopolitica e soprattutto sociale mondiale fanno capire che per tornare a parlare di crescita e sviluppo bisogna concentrarsi nel portare avanti un modello sostenibile per l’intera società, ovvero riuscire a garantire a tutti delle condizioni oggettive di benessere (welfare state) evitando pesanti diseguaglianze tra Paesi e classi sociali. Tutto ciò non significa ignorare l’economia e le questioni ambientali, ma capire che prima di queste bisogna passare dal sociale, da noi, perchè è questo il punto di partenza per il progredire del nostro mondo.
Il problema fondamentale è che il modello di welfare adottato fino ad oggi risulta ormai superato. Lo Stato non è più in grado di assistere personalmente ai bisogni di un individuo per tutta la sua vita in quanto questo modo lineare di assistenza non è efficiente da un punto di vista economico e genera dei buchi incolmabili a livello di debito pubblico. Per questo il settore pubblico dovrebbe garantire solamente certi servizi, lasciando invece, come spesso già avviene, ai privati l’onere di garantire certe condizioni di benessere alla società. Il proliferare di tanti enti “sociali” è un buon segno versa questa direzione e l’affermazione di aziende piuttosto virtuose in grado di garantire ai propri dipendenti servizi essenziali è un esempio da seguire.
Tuttavia, una società veramente progredita dovrebbe arrivare ad un livello ancora ulteriore, ad un punto quasi astratto che sembrerebbe utopico per le comunità odierne. Potremmo definire questo punto di approdo il welfare civile, ovvero una condizione ideale nella quale i partecipanti di una comunità hanno quel senso comune di convivenza reciproca, di scambio materiale e immateriale. Possiamo immaginare questa società ideale come basata su un principio di sussidiarietà reciproca dove soggetti privati, imprese e anche settore pubblico collaborano al fine di creare valore aggiunto con l’efficienza totale raggiungibile mediante il sistema “do tanto quanto ricevo“. E’ da questa visione civile che bisogna partire per costruire un nuovo modello sostenibile di welfare e da qui costruire dei modelli economici, finanziari e ambientali efficaci.
La grande sfida europea e mondiale oggi è quindi questa e l’Italia in primis ha la necessità di porsi in prima fila per una rivoluzione del welfare sostenibile. Le diseguaglianze a livello italiano sono numerose e piuttosto ampie e la nostra popolazione in Europa è quella che da sempre ha avuto più difficoltà quando si parla di convivenza civile. E’ quindi curioso che oggi come oggi il nuovo obbiettivo mondiale sia in realtà ciò di cui la nostra nazione ha bisogno da quando è nata per affermarsi. Serve però l’impegno di tutti, dal primo all’ultimo: dal singolo cittadino fino allo Stato, quest’ultimo con il compito di porre i paletti per un grande cambiamento.