Non l’abbiamo annunciato in diretta ma non ce n’è stato sicuramente bisogno. La notizia ha sconvolto e lasciato di sasso tutto il mondo: Donald Trump è il nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America. Ancora sembra assurdo crederci e metabolizzare questo evento se si pensa che un anno fa non si pensava neanche che potesse essere il candidato repubblicano alla presidenza. Trump rappresentava poco più che un fenomeno populista, rappresentazione del malcontento popolare verso la politica americana. Nessuno pensava che la sua scalata si sarebbe conclusa in questo modo e che la favoritissima Clinton, insieme ai sondaggi a suo favore, sarebbero stati totalmente asfaltati.
La realtà è che questo clamoroso evento va ben oltre la figura di Trump e questo è stato l’errore di valutazione che tutti, Obama compreso, hanno compiuto. Ai piani alti della politica americana non sono state considerate le dilaganti tensioni sociali, l’intolleranza sempre più forte verso lo straniero, l’impoverimento della classe media e la reale crisi economica soltanto mascherata da un aumento forse fittizio e di breve periodo dei posti di lavoro. Il leader repubblicano ha cavalcato tutto questo, diventando il simbolo carismatico e energico di una lotta alla globalizzazione che per molti cittadini americani rappresenterebbe il male della società odierna. L’impressione quindi è che le élite politiche americane abbiano sottovalutato questo malcontento generale, che siano state troppo lontane dai bisogni quotidiani del popolo e che abbiano pensato troppo ai capitali e ai rapporti internazionali. In questo modo, in questa “falla” si è inserita la politica del nuovo Presidente.
Un parallelo si può fare anche con il nostro Paese negli anni ’90, quando Silvio Berlusconi cominciò a diffondere, grazie ai suoi canali televisivi, i suoi comizi. Così come Trump oggi, Berlusconi era un imprenditore realizzato e di grande successo e ciò che trasmetteva ai cittadini era sicurezza e grandi capacità di leadership, ciò di cui il Paese sembrava aver bisogno. La sinistra italiana lo sottovalutò per tanto, troppo tempo e ne subì amare conseguenze. I punti in comune tra il Cav e il nuovo premier USA sono tanti: entrambi figli di costruttori, ideatori di format televisivi e protagonisti di scandali sessuali di vario tipo. La differenza però è che Berlusconi non è mai stato preso troppo sul serio in 20 anni di Governo, in primis perchè comunque a capo di una nazione “secondaria” e non dotata di una grande forza bellica e soprattutto perchè aveva davanti a se, sia in Italia che in Europa, una certa opposizione. Trump, invece, è oggi Presidente indiscusso del più forte Paese del mondo e ha a suo favore sia la Camera che il Senato.
Ciò che potrebbe succedere preoccupa il mondo dell’economia in particolare; Trump ha dichiarato più volte di voler smantellare tutto ciò che ha creato Obama nel suo mandato. Il suo programma politico è basato sull’intolleranza, sulla guerra agli irregolari, sulla riaffermazione dei ceti medio-bassi, sulla guerra alle élite economico-finanziarie e sugli sgravi fiscali per rilanciare il benessere e i posti di lavoro. Apparentemente appare un classico programma di stampo repubblicano, se non fosse per quella volontà, un po’ preoccupante per gli equilibri internazionali, di allacciare i rapporti con Putin e bloccare la Cina nel commercio internazionale. La realtà è che al momento è difficile capire cosa succederà con questo nuovo atipico Presidente, ma ciò che è certo è che ulteriori stravolgimenti politici e sociali internazionali sono all’orizzonte.