Mario Draghi continua a stupire l’intero mondo economico proseguendo in maniera ancora più forte e decisa con le misure ultraespansive di politica monetaria. A distanza di un anno dall’avvio del Qe europeo, durante il quale non sono stati ottenuti i risultati desiderati, l’obbiettivo rimane sempre e comunque lo stesso: far ripartire l’inflazione ad un tasso costante di almeno il 2%.
La Bce ha optato per un’ulteriore taglio dei tassi di rifananziamento e dei tassi sui depositi bancari, giunti ormai rispettivamente allo 0,05% e al -0,40%. Ma la novità ancora più sorprendente dell’ennesimo taglio dei tassi ormai giunti forse al minimo, è l’incremento da 60 a 80 miliardi degli acquisti di titoli di Stato con in aggiunta l’acquisto previsto anche di corporate bond aziendali, riservato a tutte le imprese che hanno un rating di investimento.
La domanda che sorge spontanea adesso è la solita: come reagiranno i mercati? L’impressione è che, nonostante Francoforte abbia dimostrato di avere delle armi finanziarie per combattere la bassa inflazione e la crescita faticosa, gli investitori siano entrati in una sorta di spirale di sfiducia verso le misure fortemente liquide e abbiano forse compreso che le dinamiche deflazionistiche siano ormai praticamente strutturali e difficilmente risolvibili. Il problema non è forse la BCE, che continua comunque a perseguire il proprio obbiettivo nonostante le solite critiche delle banche tedesche, ma la mancanza di quel riformismo strutturale di cui tutti i Paesi Ue, nessuno escluso hanno assoluto bisogno. In attesa di risposte ferme da parte di tutta l’Unione Europea e da parte degli investitori, aspettiamoci la classica ondata di volatilità sui mercati dei giorni che seguono le manovre del banchiere italiano.
Fonte: Il Sole 24 Ore