Analisi e commento sulle districate vicende che stanno vedendo come protagonista il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca.
È di pochi giorni fa la notizia delle dimissioni del Ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti, esponente del M5S e ministro voluto specificatamente dalla frangia gialla dell’attuale Governo. L’ormai ex ministro ha inviato una lettera di dimissioni al premier Conte spiegando le motivazioni per le quali ha deciso di abbandonare il progetto di Governo PD-M5S. Il movente portante è stata la mancata destinazione di almeno 3 miliardi all’Istruzione nella nuova Legge di Bilancio.
Quindici giorni prima delle sue dimissioni, aveva già ampiamente espresso la sua posizione al riguardo: «La scuola in questo Paese avrebbe bisogno di 24 miliardi. I 3 miliardi che io ho individuato, non sono sufficienti». Ma quella non è stata la prima volta che il Pentastellato ha cercato di manifestare con audacia il proprio giudizio; infatti, il 5 novembre scorso in un’intervista rilasciata al quotidiano La Repubblica parlava così: «Dopo una serie di esecutivi che hanno tagliato sull’istruzione, non mi posso accontentare di un governo che faccia altrettanto. […] Questo governo con questa Finanziaria deve fare tante cose e io apprezzo lo sforzo: non far aumentare l’Iva, ridurre il cuneo fiscale, intervenire sulla sanità. Ma quella che io propongo è una questione centrale: ricerca, università, scuola. E il dibattito fin qui è stato insufficiente. Giorno e notte lo riproporrò e seguirò i lavori parlamentari, so che una Legge di bilancio ha un cammino lungo».
Non è celato infatti, il fatto che Fioramonti fosse contro il blocco dell’aumento dell’IVA, poiché avrebbe potuto liberare risorse per il MIUR.
Dopo le dimissioni, il Governo giallorosso ha deciso di dividere il dicastero dell’Istruzione, Università e Ricerca in due diversi ministeri autonomi: il Ministero dell’Istruzione guidato da Lucia Azzolina e il Ministero dell’Università e Ricerca guidato da Gaetano Manfredi. La prima, 37 anni, è una deputata grillina ed ormai ex sottosegretario del precedente MIUR. Il secondo, 51 anni, è rettore della Federico II di Napoli e Presidente CRUI (Conferenza Rettori delle Università Italiane). Le prime parole di Manfredi rilasciate a Tgr Campania sono state: «grande investimento sui giovani affinché le migliori energie italiane e anche estere trovino casa nei nostri atenei e nei nostri enti di ricerca. Servono più fondi, conosciamo bene la situazione difficile della finanza pubblica ma università e ricerca non possono essere la Cenerentola del Paese».
Il nuovo ministro dell’Università ha già mosso ampiamente delle critiche a questa Legge di Bilancio asserendo che i fondi stanziati per l’Istruzione sono veramente bassi rispetto al fabbisogno che necessita il nostro Paese. Quindi, presumibilmente, si troverà in una situazione analoga al suo predecessore ma con una posizione differente in termini di negoziazione: Manfredi è un profilo rispettato e conosciuto nella gerarchia burocratica accademica.
Tornando al punto di partenza dell’articolo e dando seguito alle parole dell’ex ministro Fioramonti, si delinea una situazione tragica per l’Istruzione in Italia: un gap di 21 miliardi tra fondi richiesti e fondi stanziati. Non dimentichiamo che l’Italia da diversi anni spende di più per le pensioni che per l’istruzione. Questo scenario racconta un Paese estremamente vecchio dove si spende di più per rattoppare una barchetta che per costruire una nave. È come se mancasse veramente quel coraggio di cambiamento, quel coraggio di promuovere riforme virtuose di cui uno Stato, ricco di problemi sociali, finanziari e burocratici, avrebbe bisogno per risollevarsi sul lungo periodo. È giusto che l’Italia non abbandoni i deboli, ma investire ogni anno così tante risorse per la previdenza non destinandole all’Istruzione, alla Ricerca e soprattutto all’Innovazione, non fanno che aumentare nel lungo periodo il numero delle persone che necessiteranno della flebo stanziata dal proprio Paese per sopravvivere con dignità.
Articolo a cura di Marco Losso