Sanpa, semplice intrattenimento o una riflessione sul nostro presente?

L’arroganza che c’è in ognuno di noi spesso ci mette nella posizione di imporre il nostro punto di vista su quello degli altri. Oggi cercare di semplificare la realtà con una sola prospettiva è una sfida inutile perché ogni problema è sempre più sfaccettato e interconnesso e quindi non può essere risolto in un unico modo.

Il motivo per cui la docuserie di Netflix ‘Sanpa’ ha avuto un così grande successo è proprio questo. Ci fa rendere conto di quanto sia faticoso polarizzare la propria opinione rispetto a delle situazioni complesse.

Vincenzo Muccioli e alcuni membri di San Patrignano

‘Sanpa’ racconta la storia e le controversie legate agli inizi della comunità di San Patrignano. Proprio durante quegli anni, gli anni di piombo, la droga aveva iniziato a diffondersi più insistentemente nelle piazze. Per sentirsi più vicini alle rock star, i ragazzi provavano cocaina e eroina incoscienti di cosa fossero realmente. Le generazioni precedenti, che non avevano mai vissuto una situazione simile, cercavano di riportare i propri figli alla normalità senza riuscire a comprendere i problemi che i giovani stessero vivendo. Inoltre, i media italiani, parlavano della tossicodipendenza utilizzando una narrazione incentrata sullo spaventare le persone rispetto al problema piuttosto che cercando di creare consapevolezza sugli effetti della droga.

Mentre il mondo cercava di scappare dai tossici, Muccioli era stato l’unico che nel momento del bisogno aveva saputo accoglierli.
Lo stato Italiano non aveva fatto nulla difronte a un’emergenza crescente e l’assenza delle istituzioni aveva favorito Vincenzo Muccioli nel creare una comunità con lo scopo di aiutare chi in quel momento veniva marginalizzato.

Considerato il panorama Italiano, che temeva e allontanava i tossicodipendenti dalle loro stesse case, Muccioli era riuscito a creare una comunità che garantiva la guarigione da quella che veniva considerata una malattia a tutti gli effetti: la dipendenza da droghe. La cura Muccioli veniva considerata l’unico mezzo efficace ed è quindi comprensibile perché lui venne accolto da tutti come un salvatore, il solo che proponeva una soluzione concreta a un problema reale. Ma lo faceva adottando l’unico metodo educativo accettato a quel tempo, quello utilizzato anche dai padri severi e punitivi che lo portò ad avere piena libertà di poter decidere come ‘rieducare’ ogni membro della sua comunità.

La pericolosità della cura Muccioli è dunque nella mancanza di ogni tipo di tutela istituzionale, tutti coloro che volessero entrare a San Patrignano dovevano seguire le regole del posto e venivano legittimamente privati di ogni libertà. Quindi, la più grande critica mossa da ‘Sanpa’ non è diretta verso Muccioli, ma verso l’assenza delle istituzioni italiane. Non riuscendo a reinserire i tossicodipendenti nel contesto sociale, le istituzioni avevano favorito la nascita di una comunità con regole indipendenti da quelle dello Stato.

Nonostante i metodi adottati a San Patrignano, molti ragazzi sono riusciti a disintossicarsi, molti di loro sono grati alla comunità e a Vincenzo Muccioli, senza i quali probabilmente non sarebbero guariti.

Lo spettatore di Sanpa, si accorge fin da subito di come sia difficile inserire l’intera vicenda nella categoria delle cose buone o cattive. E la riflessione che la docu-serie ci può spingere ad avere in realtà non riguarda se la vicenda sia stata in sé per sé giusta o sbagliata quanto piuttosto il fatto che Sanpa può aiutare ad analizzare una nostra situazione contemporanea.

La dipendenza da internet è una piaga sociale. Questa dipendenza risponde ad un bisogno di evasione dal mondo reale, che vada a colmare il vuoto esistenziale creato da momenti storici come quello che stiamo vivendo. Rifugiarsi in uno spazio alternativo è la reazione di molti quando ogni giorno percepiscono direttamente o indirettamente che il mondo diventerà un posto peggiore. Internet ha un potere salvifico in questo panorama.

Oggi il malessere sociale di molte persone e di molti giovani deve essere preso in considerazione e curato con le metodologie adatte. Però il processo curativo ed educativo non dovrebbe essere quello di Muccioli. La pedagogia nera ci ha mostrato i suoi effetti, l’atteggiamento di autorevolezza dell’educatore che si pone con superiorità non porta a una soluzione duratura nel tempo. Basare la comunicazione sulla paura non funziona, forse è la strada più veloce, ma non la migliore.

La vera cura sarebbe quella della comprensione reale dei problemi che molti stanno vivendo così da cercare con la collettività delle soluzioni migliori. Questo perché la complessità dei problemi sta proprio nel saperli analizzare da più angolature per cercare di risolverli in modo completo.

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