La mia “prima” recensione per un film, semplicemente da appassionato quale sono, ne da scrittore, ne da critico cinematografico, tanto meno da giornalista
Da adolescenti i nostri genitori ci dicevano di inseguire i nostri sogni, senza mai provare a capire in cosa siamo capaci o cosa ci piace realmente, e così siamo quasi sempre costretti a crearci da soli la via per il successo, che arriva attraverso il piacere nel fare i propri doveri.
Ed è tramite questo pensiero che con piacere vi dirò la mia sul primo film alla regia di Dan Gilroy.
Titolo: Lo Sciacallo
Genere: Thriller
Regia: Dan Gilroy
Cast: Jake Gyllenhaal, Rene Russo, Bill Paxton
Durata: 117 min.
Produzione: USA 2014
Titolo Originale: Nightcrawler
“Lo Sciacallo” (Nightcrawler titolo originale) debutta nelle sale italiane il 13 Novembre del 2014, senza creare attorno a sè chissà quale aspettativa nelle sale come dimostrato dall’incasso mediocre ottenuto nella nostra penisola.
Il film vede protagonista un magistrale Jake Gyllenhaal (tanto amato grazie al vecchio Donnie Darko) nei panni di Louis Bloom, un giovane ragazzo con grandi capacità intellettive che nella disperata ricerca di un lavoro, guadagna dei soldi vendendo oggetti rubati.
Una notte è testimone di un incidente mentre percorre l’autostrada, si ferma e assiste al salvataggio di una donna bloccata nella sua auto, il tutto ripreso da dei giornalisti che creavano così la propria merce di scambio per le reti televisive.
Viene quindi a Lou l’idea di di emulare questi giornalisti, con i soldi ricavati dai suoi furti compra una videocamera e una stazione radio sintonizzata sulla frequenza della polizia, comincia così il suo nuovo lavoro: rintracciare i luoghi delle comunicazioni delle pattuglie dalla polizia e raggiungerle prima degli altri giornalisti per catturare delle immagini esclusive.
L’intento riesce, vende un filmato esclusivo ad un TG nazionale promettendo che ne avrebbe procurati degli altri.
Il ragazzo ingaggia così un socio, un senzatetto senza niente da perdere che si possa assumere tutti i rischi del mestiere.
La questione diventa assai più complicata quando un giorno, alla ricerca dello scoop che avrebbe fatto drizzare le orecchie a tutti, si intromettono pericolosamente nelle indagini della polizia su due assassini che loro stesso hanno ripreso.
Ci troviamo di fronte (quasi a quattr’occhi) un Jake Gyllenhaal notevolmente pacato e immedesimato in un personaggio ambiguo, con piena sicurezza dei propri mezzi ma sopratutto delle proprie emozioni, in grado di dimenticarsi di qualunque valore esistente nell’etica di una persona umana pur di raggiungere il proprio scopo.
Tuttavia tutte queste caratteristiche del personaggio sembrano essere una sorta di maschera del suo “io”, in cerca di esplosione ma costantemente manipolato dalla mente e dal corpo del protagonista.
Dimenticatevi dell’etica, dell’umanità, della morale, dimenticatevi di tutto ciò che vi hanno insegnato i vostri nonni e fate del “il fine giustifica i mezzi” uno stile di vita.
Un thriller scorrevole e nella mediocrità fino a metà pellicola, dalla quale in poi possiamo realizzare un senso di stupore misto allo sdegno per ciò a cui stiamo assistendo probabilmente con annessi commenti sulla moralità con la persona che ci sta affianco, o, se vogliamo, con noi stessi.
C’è da dire che un cast nel complesso non eccezionale è reso quasi tale dalla splendida interpretazione psicotica del nostro Jake, in grado di attirare l’attenzione su di se oscurando i personaggi secondari.
Una regia buona e accattivante quella del Gilroy, che lascia senza dubbio ben auspicare per la sua futura carriera da regista, senza cadere come in molti casi nella trappola del primo grande film che genera grandi aspettative ai suoi successori.
VOTO FINALE: 7,5/10
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